Innovare con responsabilità è possibile: la chiave è la sostenibilità

Il contributo della professoressa Stella Gubelli con i sette consigli per riuscirci

 
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Innovazione, oggi, deve fare rima con sostenibilità. E una di queste leve è certamente la digitalizzazione, prezioso alleato delle imprese ma anche elemento da inserire in un percorso di senso e di progettualità concreto e duraturo. Perché, sia chiaro, «la sostenibilità deve essere integrata nelle attività aziendali».

Lo afferma la professoressa Stella Gubelli, docente di economia aziendale presso l’Università Cattolica nonché responsabile area consulenza di Altis, l’Alta Scuola Impresa e Società. «In tutte le attività dell’azienda - evidenzia l’esperta - va posto l’obiettivo e l’impegno di mitigare le esternalità negative e migliorare quelle positive. Quando parliamo di innovazione sostenibile è lo stesso concetto». Un percorso di senso, si diceva, e culturale. I cui elementi chiave possono essere racchiusi in sette punti.

1. Capire la direzione da percorrere

Quando parliamo di sostenibilità - sottolinea Stella Gubelli - «va capita prima di tutta la direzione da percorrere, e quindi occorre porsi obiettivi che possono essere raggiunti solo se si mette in piedi un action plan corredato di iniziative che consentano il raggiungimento degli obiettivi».

2. Monitorare lo sviluppo dei progetti

Non c’è piano di miglioramento che possa funzionare senza che vengano definiti criteri di misurazione puntuali, oggettivi e ottenibili in azienda. KPI (Key Performance Indicators) che siano coerenti e reperibili. «La possibilità di disporre di dati e informazioni periodiche sull’avanzamento del piano - spiega la docente - consente di procedere. Definisco obiettivi, identifico le iniziative, quindi vado a misurare periodicamente l’avanzamento degli obiettivi. Un circolo virtuoso».

3. Quando l'innovazione è richiesta dal cliente

Un ragionamento sulla piccola impresa: «Spesso l’innovazione è trainata dal cliente. La piccola realtà che magari si trova all’interno della filiera produttiva del grande cliente, attiva un processo perché viene richiesto dal cliente stesso. L’obiettivo non è autodeterminato ma può anche essere meglio così, anche perché il cliente abitualmente chiede un approccio collaborativo, aiuta il fornitore a sviluppare quanto richiesto e questo può condurre verso un miglioramento dell’impresa anche sul versante competitivo».

4. L’importanza di una tempistica a medio periodo 

La questione relativa alla tempistica è decisiva: «Occorre - è l’analisi di Gubelli - avere un obiettivo di medio periodo, un orizzonte almeno a tre anni, e modulare il piano d’azione in modo che già nel primo anno si possano valutare gli obiettivi più fattibili». Tuttavia non bisogna pensare che i processi di innovazione sostenibile possano portare risultati nell’immediato.

5. La scelta di un consulente 

Il consulente è un partner ideale per accompagnare l’azienda a 360 gradi: «Un consulente può anche non essere assolutamente verticale sul business, ma dà comunque all’imprenditore la possibilità di ben orientarsi. Se poi nel percorso strategico occorre attivare anche iniziative specifiche, come può essere ad esempio una particolare certificazione e un’iniziativa di natura sociale e ambientale, in quel caso si tratta di un’iniziativa innestata in un percorso più ampio, che può richiedere professionisti più verticali». E su questo il Digital Innovation Hub di Confartigianato Varese può fornire indicazioni importanti.

6. Conoscere i propri margini di sviluppo 

Va fatta una riflessione strategica, e non fermarsi all’iniziativa concreta: «L’imprenditore, spesso, quando ottiene una sollecitazione dall’esterno - prosegue la professoressa - ha la tentazione di partire puntando a rispondere alla specifica richiesta, ma di frequente, facendo così, sbaglia. Noi suggeriamo un approccio diverso, bisogna partire dalle proprie caratteristiche e dagli asset di cui si dispone». Va fatta una riflessione su dove si intende arrivare e su come ci si vuole posizionare. All’interno di tali riflessioni, certo, va anche assecondato il cliente che magari chiede la specifica certificazione.

7. La cultura d'impresa va diffusa anche a dipendenti e collaboratori 

Siamo di fronte, in conclusione, a un percorso che chiama in causa anche collaboratori e dipendenti: «Nella grande azienda normalmente esiste una persona impegnata nell’ambito della sostenibilità. Nella piccola realtà non può chiaramente esserci un profilo simile; quindi, serve che la sensibilità sul tema dell’innovazione sostenibile venga diffusa nell’organizzazione, partendo dai reparti produttivi. È utile pensare a una grande idea, ma se il singolo operaio non è sensibilizzato al corretto comportamento si fa fatica. I processi di sensibilizzazione non sono facili da sviluppare, si dovrebbe partire dalle persone chiave, da chi ha responsabilità - conclude Stella Gubelli - e poi a cascata arrivare a tutti».

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