Reato di maltrattamenti per il datore di lavoro che offende il dipendente: la sentenza della Cassazione

Con sentenza n. 2378 del 20 gennaio 2022 la VI Sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che integra il reato di maltrattamenti il comportamento del datore di lavoro che offende il dipendente, soprattutto quando ciò avviene alla presenza di altre persone. La Corte di Cassazione ha, in particolare, ribadito che per la sussistenza del delitto di maltrattamenti è sufficiente qualsiasi condotta di abituale prevaricazione, tale da infliggere al destinatario vessazioni e sofferenze, fisiche o morali, in tal modo imponendogli un regime di vita persecutorio ed un clima di abituale sopraffazione.
Con sentenza del 2 marzo 2017 il Tribunale di Udine ha ritenuto colpevole un ristoratore del reato di maltrattamenti per avere più volte offeso una propria dipendente alla presenza di clienti e di altri lavoratori.
La condanna di primo grado è stata successivamente confermata dalla Corte di Appello di Trieste.
L’imputato ha impugnato la sentenza di secondo grado innanzi alla Suprema Corte di Cassazione in quanto, a parere dello stesso, non vi sarebbero state condotte vessatorie ma, al più, ingiurie o turpiloqui.
Ha altresì sostenuto l’imputato come nel corso di entrambi i precedenti giudizi non sia stata dimostrata l’abitualità della condotta delittuosa contestatagli, condotta che invece avrebbe al più potuto ricondursi ad una pluralità di ingiurie e turpiloqui, comunque inidonee ad integrare l’abitualità domandata dalla norma penale.
La Corte di Cassazione non ha ritenuto condivisibile la censura dell’imputato, secondo cui deve essere esclusa la ravvisabilità del reato di maltrattamenti in assenza di ingiurie e di turpiloqui.
Ha invece rilevato la Suprema Corte di Cassazione come, per la sussistenza del delitto di maltrattamenti, è sufficiente qualsiasi condotta di abituale prevaricazione, tale da infliggere al destinatario vessazioni e sofferenze, fisiche o morali, in tal modo imponendogli un regime di vita persecutorio o umiliante ed un clima di abituale sopraffazione.
Per i Giudici non vi è dubbio che una siffatta condizione possa realizzarsi anche attraverso il reiterato ricorso ad offese nelle relazioni interpersonali, come avvenuto nel caso in esame, ove tali offese avvenivano per di più in presenza di colleghi di lavoro e clienti del ristorante, così inevitabilmente compromettendo la dignità e la reputazione della dipendente.