Russia: opportunità di export per le imprese italiane

Cosa deve sapere chi intende esportare in quest'area: dinamiche, settori, modalità

 
Russia

Gabriele Valentinuzzi, architetto e titolare della Rim Engineering che da anni opera nei mercati della Federazione Russa, ha una lunga e pratica esperienza nei mercati della Federazione Russa, su attività e progetti che coinvolgono le imprese italiane.

Gli abbiamo chiesto quali informazioni possono essere utili a chi intende esportare in un’area così ampia.

Gabriele, quali dinamiche si possono intravedere nel mercato russo rispetto al Covid-19? Quali settori sono in ritirata e quali in espansione?

Il mercato russo ha risposto all’emergenza in modo piuttosto simile ai paesi nord Europei, ovvero quelli che hanno avuto modo di vedere, studiare e prepararsi un po’ meglio, se così si può dire, rispetto ai primissimi focolai mondiali nei paesi mediterranei (Italia, Spagna).

C’è stata una veloce riconversione delle strutture ospedaliere in unità di emergenza; sono stati edificati e/o completati nuovi ospedali a tempi di record (come l’esempio della struttura nella regione di Mosca in cui hanno lavorato migliaia di operai 24/24) e si è proceduto con l’adozione delle misure di distanza sociale e le varie restrizioni note ed applicate in tutto il mondo.

C’è una differenza sostanziale: non c’è mai stato un vero e proprio blocco totale delle attività economiche, così da consentire ai professionisti, imprenditori e commercianti di continuare, nonostante le varie difficoltà, a produrre.

In questo contesto si è assistito ad una rivoluzione di diversi settori, che si sono ulteriormente adattati al telelavoro, all’assenza di contatto e alla nuova situazione creatasi a causa della pandemia.

Tra i settori duramente colpiti c’è il turismo, con tutto il suo indotto: città d’arte come San Pietroburgo, resort sul mar Nero come Sochi, destinazioni culturali come le città lungo l’anello d’Oro hanno visto un crollo verticale dei viaggiatori (nazionali e internazionali). Strutture ricettive, tour operator, musei e gallerie, cinema e tutto quanto connesso ha registrato un elevato volume di indebitamento e di chiusura delle attività.

Il secondo grande settore a soffrire è quello della ristorazione: però, rispetto agli omologhi europei, nella bruttissima congiuntura verificatasi, è stato forse quello che aveva già delle buone basi per sopravvivere, come l’alta digitalizzazione e la presenza dei servizi di consegna a domicilio, sia propri che di terze parti.

A tal proposito ricordo che nei maggiori centri abitati in Russia il “delivery” non è una novità, in quanto la “moda” della consegna dei pasti esiste da parecchi anni, dalla mia esperienza direi da almeno un decennio, e viene utilizzata abbastanza frequentemente da diversi profili di consumatori, in modo piuttosto omogeneo.

Alcuni ristoratori hanno affiancato l’attività di consegna a domicilio a quella della vendita, sia online che sul posto, di prodotti alimentari (gastronomia, prodotti confezionati di nicchia o importati, prodotti di forno ecc..) consentendo quindi di mantenere aperto il ristorante (ricordiamo che tutti gli esercizi commerciali di vendita prodotti alimentari non hanno mai chiuso).

Altri settori tradizionalmente trainanti dell’economia russa, come l’industria pesante (macchinari, mezzi pesanti, cantieristica navale,.), mineraria e petrolifera e edile non hanno subito direttamente grandi danni (i colletti bianchi, ove possibile, sono stati ricollocati in remoto mentre gli operai sul campo hanno quasi sempre lavorato) ma hanno risentito della riduzione dei finanziamenti dovuti al mutato contesto generale.

In forte espansione invece ci sono state le attività immobiliari (compravendita di terreni ed immobili) tanto che proprio S. Pietroburgo ha registrato nella prima parte dell’anno uno dei più alti rincari percentuali a livello mondiale delle quotazioni immobiliari (nell’ordine del 13-15%) e sono in forte espansione le costruzioni di residenze fuori città (sull’ondata dell’aumento distanza sociale e ricollocamento in zone meno densamente popolate).

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Sono dinamiche riscontrabili anche nei mercati limitrofi a quello russo?

I mercati limitrofi a quello Russo sono difficilmente identificabili unitariamente, per via di specificità non solo storiche e culturali, ma anche a causa di recenti sviluppi politici: i paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) hanno registrato tassi di infezione relativamente bassi e, ad ogni modo, hanno strutture economiche nazionali quasi interamente basate sui servizi digitali e sul terziario generico. In tal situazione, lavorare in remoto via Skype (per l’Estonia che ne è il paese origine, ad esempio) non è stato nulla di nuovo.

La Bielorussia, storicamente legata alla Russia, non ha mai dichiarato emergenza per la pandemia, non ha adottato nessun tipo di restrizioni ed ha mantenuto le attività economiche attive (gran parte delle quali interconnesse con la Russia, come transito di gas, hub di import-export, attività agricole ecc.) salvo vedere acuirsi il panorama generale sull’ondata delle elezioni presidenziali e relative agitazioni.

I paesi dell’asia minore, storicamente esportatori di manodopera a basso costo e di prodotti alimentari verso la Russia (Uzbekistan, Tajikistan, Kirghizistan e Turkmenistan) hanno in parte reagito alla pandemia con rigidissime misure di quarantena e di circolazione delle persone, ma comunque mantengono interessanti dinamiche di crescita (in particolare l’edilizia ed infrastrutture in Uzbekistan e in Turkmenistan).

Tra i mercati limitrofi alla Russia ci sarebbe anche la Cina, con cui condivide un lungo confine…ma di cui si parla fin troppo, inoltre ci sono i paesi del Caucaso (Azerbaijan-Armenia-Georgia e Abkhazia) con cui non ho personalmente grandi rapporti commerciali e di cui non posso constatare la tendenza generale.

Quali settori in questo periodo sembrano presentare più opportunità?

Come accennato sopra, l’edilizia privata per residenze fuori città (nel nord del paese in particolare si tratta spesso di case in legno sia lamellare che massello, tipiche della tradizione rurale russa e scandinava, al sud invece case in pietra/mattoni).

Tutte le attività nella sfera IT (da portali aggregatori, comparatori fino a strumenti di marketing, SEO e pubblicizzazione su varie piattaforme, applicazioni Android/Apple su geolocalizzazione e su realtà aumentata…).

Si sta pian piano rinnovando la normativa tecnica di costruzione e iniziano a fiorire i servizi relativi alla fotogrammetria avanzata, scannerizzazione 3d, restituzione tridimensionale dei rilievi…e quanto connesso: c’è però un aspetto fondamentalmente differente rispetto, ad esempio, all’Italia. Tutti questi servizi a parità di qualità sono mediamente molto più economici delle controparti italiche poiché` gli operatori locali sono storicamente molto evoluti con la tecnologia digitale, inoltre la bassa tassazione, alta competitività e stipendi medi più bassi fanno il resto…

Cantieristica navale: settore che ha sempre goduto del supporto statale (i principali cantieri sono riuniti in una holding a partecipazione statale), continua a produrre e rinnovare le varie flotte (dai rompighiaccio alle flotte pescherecce…). Negli ultimi tempi sono comparse anche le prime produzioni di yacht “di lusso” ….

Vitivinicolo: settore anche questo con forte sponsorizzazione statale, atta a ridurre l’importazione di vino estero (con l’Italia al primo posto, seguita da Spagna e Francia): in questo caso piuttosto che mirare solo alla vendita di macchinari e/o del prodotto finito (vino), può essere interessante pensare di iniziare a produrre in loco (come ha già fatto un produttore del Chianti ad esempio), godendo di sgravi fiscali, detassazione decennale ed altri programmi di incentivazione.

In tal caso, si potrebbe andrebbe a riempire una nicchia di mercato che attualmente è ancora abbastanza libera (ovvero le bottiglie di vino con prezzo di vendita al consumatore fino circa a 6-7 euro: in questa fascia i prodotti importati spesso sono di qualità molto inferiore anche agli analoghi russi poiché` il prezzo finale è gonfiato da accise, logistica e costi di distribuzione.

Per fare un esempio concreto: un vino economico italiano in bottiglia di vetro si trova sugli scaffali della grande distribuzione nella fascia  4-4,5 euro….e paradossalmente , anche considerando il potere di acquisto medio locale, si posiziona in diretta concorrenza  con alcuni vini russi di scuola Bordeaux effettivamente di status e con lavorazioni di invecchiamento ben superiori) ma che si sta piano piano riempiendo grazie al miglioramento delle produzioni locali (grazie ad apporto di macchinari, ingredienti, specialisti italiani e francesi).

Manifattura: manca il segmento della buona manifattura di medio livello, in tutti i settori: dal pentolame, ai mobili, dai tessuti alla rubinetteria, dagli elettrodomestici, all’automotive.

Nel complesso ritengo che, purtroppo, con la permanenza di tensioni geopolitiche mondiali a lungo termine (che sarebbe meglio definire politiche commerciali aggressive e iper-protezionistiche manifestatesi con sanzioni e dazi di vario genere), sia importante iniziare a pensare di partecipare, parzialmente, all’economia di un paese, piuttosto che mirare solo all’idea dell’esportazione verso quel paese.

Ciò sicuramente rappresenta potenzialmente un pericolo e una svalutazione per il valore aggiunto del “made in Italy” ma rappresenta anche un modo per non perdere quote di mercato.

La Germania 4 anni fa, nel picco delle tensioni politiche, decise di far produrre alcune linee di Mercedes in Russia, pur di non perdere il ricco mercato degli ordini federali (auto dei dirigenti statali, auto blu di politici e manager delle compagnie petrolifere ecc.): a tempo di record un anno fa venne inaugurata la nuova fabbrica iper-moderna fuori Mosca, alla presenza di Angela Merkel, di Putin e del management Mercedes. La fabbrica produrrà solo la serie della Mercedes classe E, di fatto assemblando diversi componenti (di produzione tedesca, italiana, spagnola ecc.).

Quale appeal hanno le imprese italiane del settore arredo-casa-costruzioni?

L’arredo-casa-costruzioni è un aggregato enorme, con mille sfaccettature che è difficile assimilare sotto una unica definizione: sinteticamente nel settore grandi costruzioni (infrastrutture e grossi interventi) le imprese italiane avevano una buona reputazione e visibilità, in un mercato molto aggressivo dove i dominatori sono gruppi turchi (che rappresentano percentuali di mercato quasi monopolistiche), seguono le imprese russe e cinesi, con le ultime disposte a lavorare in dumping per acquisire quote di mercato (in parte come hanno fatto i turchi per anni). Nelle infrastrutture petrolifere Eni, Saipem e Techint come la Danieli nella metallurgia restano sempre operatori di nicchia e ricercati.

Nel settore delle piccole commesse edili e di altissima qualità è difficile fare statistiche perché si tratta di ordini puntuali non monitorabili (spesso benestanti clienti locali si rivolgono ad imprese europee per ville e magioni che non compaiono nei radar ufficiali).

Per l’arredo vi è una polarizzazione sostanziale: tutto quello che veniva dall’Italia (ma spesso realizzato in paesi dell’estremo oriente o in altri paesi), è stato piano piano sostituito con produzioni locali o cinesi mentre l’alto e altissimo di gamma resiste, ma perde terreno nei confronti degli omologhi operatori ed esempio tedeschi (cucine, soggiorni) e spagnoli (illuminazione).

Il segmento medio ormai è quasi solo di appannaggio di produzione russa (o cinese), che non ha troppo risentito anche della svalutazione del rublo, ma purtroppo solo alcuni produttori hanno raggiunto dei buoni livelli di qualità (in particolare negli imbottiti, mentre mobili impiallacciati o massello sono ancora scadenti).

Un buon settore è il Contract (soprattutto hotellerie, residenziale premium, ristorazione e navale), che però soffre dell’assenza di general contractor nazionali trainanti in loco… (ove ci sono contractor turchi spesso anche il mobile proviene da la`).

Quali sono le modalità più efficaci per entrare nel mercato russo di questi settori?

Bisogna investire nel personale e in loco: affidarsi a professionisti che conoscono lingua (russa ed italiana), mentalità e mercato locale, aprire rappresentanze locali o appoggiarsi a studi di progettisti in loco, avere delle “vetrine” reali dove il cliente possa vedere e toccare con mano cosa gli si propone.

Possibilmente vetrine monomarca…o creare un piccolo cluster per integrazione di competenze. Un esempio: alcuni marchi italiani hanno saloni monomarca con un gruppo di vendita pienamente operativo (quindi venditori e designer, montatori, partner fornitori degli elettrodomestici ecc.) in centro città dove ospitano anche loro prodotti complementari, mantengono una buona visibilità e si posizionano su un livello ben superiore alla media.

Alle domande del cliente (che moduli, che finiture, condizioni di installazione, possibili configurazioni ecc.) ci sono subito le risposte del venditore, che conosce il prodotto e lo padroneggia. In altre situazioni spesso accade che il venditore che lavora solo con cataloghi o che non conosce a fondo il prodotto non dia risposte concrete, dovendo aspettare le risposte dal distributore generale di Mosca che deve aspettare le risposte dalla fabbrica in Italia (situazioni realmente accadute…), con la quasi certezza di aver perso il cliente.

Ci sono progetti o investimenti che possono creare buon interesse per le imprese italiane?

Argomento molto vasto: ci sono le aree economiche speciali (per gli investitori intenzionati ad aprire qualcosa in loco), ci sono progetti sponsorizzati da gruppi internazionali (e/o italiani) con cui si può entrare, infine ci sono eventi come alcuni forum e fiere specializzate (quest’ultimo canale non troppo sviluppato).

Bisogna capire che la Russia è un paese smisurato, ogni regione e ogni città ha le sue specificità: per non andare a vuoto bisogna ordinare degli studi di settore per reperire in loco potenziali partner o clienti, per analizzare le dinamiche e capire nel concreto che direzione prendere.

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