La competitività delle imprese passa da un approccio mirato alla sostenibilità

Il contributo di Stella Gubelli, docente di economia dell’Università Cattolica di Milano

 
Sostenibilità e competitività

Le Pmi devono comprendere che le risorse dedicate alla sostenibilità non rappresentano un costo, ma un investimento per raggiungere un duplice risultato: da un lato ottenere dei ritorni nel lungo periodo, dall’altro andare incontro alle richieste di clienti sempre più attenti agli aspetti ambientali e sociali.

A tracciare questo quadro è Stella Gubelli, professoressa di economia dell’Università Cattolica di Milano e amministratore delegato di Altis Advisory, spin-off dell’Università Cattolica, che illustra i vantaggi di un approccio mirato a questo ambito.

Perché è importante che le Pmi affrontino in modo adeguato il tema della sostenibilità? 

Attualmente è in atto un’evoluzione normativa importante, legata all’approvazione della modifica della Direttiva europea sulla disclosure di sostenibilità (CSRD), che in Italia coinvolgerà in modo diretto una platea di 10mila aziende e in modo indiretto altre 120mila imprese. Il provvedimento prevede l’obbligo di trasparenza in ambito ESG per tutte le aziende/gruppi che rispondono ad almeno due dei seguenti requisiti (a livello di singola Società o di Gruppo):  la presenza di più di 250 dipendenti, un fatturato superiore a 50 milioni di euro e un attivo SP superiore a 25 milioni di euro. 

Si tratta ovviamente di un target che non corrisponde a quello delle Pmi. Tuttavia, queste novità normative avranno ricadute importanti anche sulle piccole realtà, perché le imprese di maggiori dimensioni saranno obbligate a rendere conto della propria filiera produttiva in base a un principio di responsabilità estesa, che dovrà coinvolgere nei percorsi di sostenibilità anche i fornitori. In quest’ottica anche la piccolissima impresa con dieci dipendenti, che rappresenta l’ultimo anello della catena di produzione, nel medio periodo sarà chiamata a dotarsi dei presìdi minimi di sostenibilità per stare sul mercato.

Un altro tema chiave è poi quello dell’accesso ai finanziamenti. Anche in questo caso alla base c’è una spinta normativa legata all’applicazione delle linee guida dell'Autorità Bancaria Europea. In sostanza le banche sono invitate a valutare le aziende che richiedono dei finanziamenti anche dal punto di vista della sostenibilità. Se un'azienda dimostrerà il proprio approccio alla sostenibilità in modo adeguato potrà accedere più facilmente finanziamenti e, in seconda battuta, guadagnare uno sconto sul tasso di interesse.

In concreto come le piccole imprese possono dimostrare i risultati raggiunti in ambito sostenibilità?

Non è necessario, soprattutto se parliamo di piccolissime imprese, che vengano fatti investimenti per realizzare un bilancio di sostenibilità strutturato.

È però fondamentale dimostrare con i dati l’intenzionalità del percorso intrapreso per aderire a modelli produttivi sostenibili. Le imprese devono far capire agli interlocutori esterni che le loro scelte si inseriscono in una strategia aziendale che considera la sostenibilità un presupposto ineludibile.

Come deve essere invece affrontato il tema delle certificazioni?

Quello delle certificazioni è sicuramente un mondo interessante, strettamente collegato al tema della sostenibilità. Questi strumenti supportano il processo di definizione degli obiettivi e l’avvio di un sistema di monitoraggio che consente di dimostrare i risultati raggiunti dall’impresa. Tuttavia, non bisogna fermarsi a singole certificazioni in determinati ambiti, come ad esempio quello della parità di genere o delle efficienza energetica.

La sostenibilità si caratterizza infatti un approccio olistico che non richiede alle aziende di avere eccellenze esclusivamente in certi ambiti trascurandone completamente altri. In sintesi bisogna abbandonare una visione parcellizzata e inserire le certificazioni nel quadro più ampio di una visione organica che declini in modo efficace le tre dimensioni della sostenibilità: economica, ambientale e sociale.

A livello generale, va poi sottolineato come, oltre ai benefici economici legati, ad esempio, alla mitigazione dei costi (ottenuti ad esempio con processi di efficientamento energetico), ci siano vantaggi importanti anche in termini di opportunità di business e di miglioramento della reputation. Quest’ultimo tema è molto importante in una fase come quella attuale in cui le imprese fanno fatica ad attrarre talenti.

In particolare quali sono gli ambiti in cui si può declinare binomio virtuoso tra sostenibilità e reputation?

Oltre alla maggiore attrattività per i talenti, un altro vantaggio legato a una buona reputation sul tema sostenibilità è l’opportunità per l’azienda di attivare sul territorio delle relazioni positive che le consentono poi una maggiore capacità d’azione.

Infine un altro aspetto chiave da non trascurare sono i rischi reputazioni legati a una mancata attenzione ai temi della sostenibilità. In ambito sociale, ad esempio, si può citare la questione della sicurezza sul lavoro. 

Monica Giambersio - Fonte: impreseterritorio.org

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